Portolano per rotte inedite verso lidi inesplorati – Fondato e diretto da Luigi Sanlorenzo

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Quel grande desiderio di risorgere

Perché avvertiamo periodicamente il bisogno di risorgere ? 

Probabilmente tale necessità è legata alla natura stessa degli esseri viventi che, in realtà, muoiono e rinascono costantemente attraverso il quotidiano ricambio cellulare che connota l’esistenza fisica per l’intera durata della vita codificata nel  DNA.

Tuttavia,  mentre di questa dinamica cellulare non ci rendiamo pienamente conto, è sul piano culturale che il bisogno di rinascere esprime il massimo effetto.

Gli individui cambiano, a volte repentinamente, compiendo scelte inaspettate che sovente destano lo stupore di quanti li circondano; le società si trasformano e, seppur più lentamente, archiviano paradigmi e sistemi valoriali, sino a rendersi irriconoscibili nel volgere di pochi decenni; i popoli avvertono pulsioni inarrestabili di nuovi destini e si mettono in cammino verso terre promesse che variano secondo le epoche, fondando nuovi mondi o rigenerando quelli esistenti.

Ciascuna di queste azioni singole o collettive coincide con il grande rito del Passaggio, presente in tutte le religioni e nelle principali filosofie elaborate nei secoli; un “dies a quo” dopo il quale nulla è più come prima,  anche se il cammino è appena iniziato e la meta non è  certa né chiara.

Ed è forse questo che conferisce ad ogni passaggio, il fascino dell’ignoto che prevale sulle certezze che si vogliono mettere in discussione, prima che ci soffochino ma al tempo stesso ci trova, come ogni trauma individuale e collettivo,  impreparati nel corpo o nello spirito.

E’ passaggio quello di Enea che si lascia alle spalle la patria ormai in fiamme e si incammina sulla strada dell’incertezza, portando nei lombi il seme di un impero, ma lo è anche quello di Ulisse che, tornato all’amata Itaca dopo vent’anni, avverte l’insopprimibile bisogno di varcare le colonne d’Ercole e di realizzare il sogno che ogni uomo ha di cercare incessantemente la radice di se stesso, superandosi.

Sono passaggi il gesto di Martin Lutero che sfida la corruzione di una  Chiesa ostinata in un medio evo già finito, quello di Giordano Bruno che annuncia l’Universo fisico di cui siamo solo una parte infinitesima e quello di Francesco che si spoglia di ogni bene ed abbraccia il lebbroso. 

In ciascuno di questi passaggi c’è il conflitto con ciò che non si può più accettare e con l’ipocrisia di chi teme di lasciare “la comoda schiavitù d’Egitto”.

Sono “passaggi” l’Esodo biblico, l’Anabasi narrata da Senofonte che riscatta i Greci dall’esperienza mercenaria al soldo dei persiani, la durissima traversata atlantica dei Padri Pellegrini a bordo del Mayflower verso la libertà dall’intolleranza, la lunga marcia di Mao, l’esperienza tragica della Resistenza al nazifascismo, le grandi migrazioni di ieri e di oggi, la pandemia che ha sconvolto le esistenze individuali  e l’equilibrio, pur precario, del mondo intero.

E’ passaggio il tempo di guerra che stiamo vivendo e che ci costringe a confrontarci con temi, fatti e sentimenti che pensavano confinati nel passato della Storia; stiamo assistendo ad eventi che riguardano singoli individui o interi popoli che si trovano nella necessità di rinascere ad una nuova origine, nell’aspirazione ad dare un corso inedito al proprio destino che, comunque,  riguarderà, i vinti, i vincitori e quanti si illudono di essere solo spettatori.

Durante il passaggio muore, come ci ricorda Paolo di Tarsol’ uomo vecchio che è in noi e prende forma l’uomo nuovo che elaborerà se stesso proprio nel travaglio della trasformazione, vera e propria nuova nascita. Come quella fisica, anch’essa è originata e connessa al dolore e alla fatica immane di scrollarsi di dosso il passato superfluo, senza rinunciare alla propria identità, unica guida che consente di non smarrire se stessi tra i mille sentieri, spesso divergenti,  col cui volto il cambiamento si presenta.

Il passaggio non è immune da insidie. Lo sanno bene gli adolescenti che durante i riti tribali di iniziazione sono volutamente esposti ad ogni genere di rischio presente nella boscaglia esattamente come quelli che, con minore consapevolezza, devono affrontare i giovani delle società cosiddette  “evolute”.

La principale insidia è sempre la tentazione di tornare indietro nella rassicurante condizione di un’impossibile replica dell’infanzia fisica o sociale. Persino il Cristo nell’Orto degli Ulivi implora il Padre di “allontanare il calice amaro” pur sapendo che, oltre l’umana – fin troppo umana – paura del dolore,  solo in quel calice c’è la Resurrezione.

Né minore è l’insidia di lasciare che altri guidino il passaggio, trasformando un individuo in un gregario impaurito dalla responsabilità e un popolo in un gregge terrorizzato dal mondo che cambia. L’unica possibile resurrezione è dentro noi stessi in quella solitudine amara che è la sola garanzia di libertà delle scelte che sappiamo essere necessarie per riscattare noi stessi. 

E’ solo conquistando in solitudine tale libertà che possiamo condividere il cammino con individui altrettanto liberi e con essi fondare Nuove Città, senza la presunzione di renderle ideali ed eterne, cioè, ancora una volta, di frenarne ulteriori e necessarie successive resurrezioni.

Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica che per la prima volta definì i concetti di inconscio collettivo e di inconscio individuale,  così scriveva nel 1911:

 “La rinascita, nelle sue varie forme di reincarnazione, resurrezione e trasformazione è una necessità che deve essere contata tra le prime affermazioni dell’uomo.”

Abbiamo bisogno di risorgere per non sopprimere il futuro, abbiamo bisogno di “passare” per non restare intrappolati in noi stessi, abbiamo bisogno di morire a qualcosa o a qualcuno per continuare a vivere in attesa del passaggio definitivo che ci restituirà al quel Tutto da cui proveniamo e di cui nutriamo una dolce e profonda nostalgia.

Buona Pasqua di Resurrezione !