Conoscere l’anima russa. Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov
“Il Maestro e Margherita” è un romanzo in russo dell’ ucraino Michail Bulgakov, riscritto più volte tra il 1928 e il 1940 e pubblicato postumo tra il 1966 e il 1967.
La vicenda è incentrata sulla storia d’amore tra uno scrittore e drammaturgo anonimo (definito il “Maestro”) e Margherita Nikolaevna, sulle persecuzioni politiche inflitte a costui da parte delle autorità sovietiche degli ani trenta, e il suo riscatto grazie a una visita del Diavolo nella capitale del regime ateo di quel tempo.
A queste vicende s’intrecciano parallele quelle del processo evangelico a Gesù e di Ponzio Pilato, che costituiscono l’oggetto di un romanzo scritto dallo stesso Maestro, il quale era giunto alla pazzia per il rifiuto della censura di Stato a pubblicarlo.
Molti critici considerano quest’opera, dallo spiccato contenuto satirico uno dei più grandi capolavori della letteratura russa del Novecento. Eugenio Montale definì il romanzo «un miracolo che ognuno deve salutare con commozione», mentre Veniamin Kaverin scrisse «per originalità sarà difficile trovare un’opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale»
Francesco Cataluccio, editor della casa editrice Feltrinelli e critico letterario, ha definito Il Maestro e Margherita “ il risultato più alto della letteratura russa del Novecento, mischiando, con uno stile di scrittura perfetto, la feroce ironia contro il Potere a una profonda spiritualità, che sono le uniche armi di sopravvivenza e resistenza.”
Quattro sono le caratteristiche di questa riuscita e originale ricetta letteraria: Misticismo, Senso della trascendenza, Parodia, Satira.
Del resto, la lingua e la cultura russe, nei secoli XIX e XX, hanno prodotto opere che si collocano ai vertici della letteratura europea. Soltanto per fare i nomi dei più grandi narratori (trascurando, per brevità, altrettanti, eccelsi, poeti e poetesse): Gogol’, Tolstoj, Dostoevskij, Čechov, Babel’, Grossman, Pasternak, Solzeničyn.”
Come ho voluto anticipare nei giorni scorsi ai pazienti lettori di “Nuovi Approdi” https://nuoviapprodipress.blogspot.com/2022/03/dialoghi-infernali-di-ieri-e-di-oggi.html, la cultura russa, come quella germanica ha puntato al Sublime e per questo ha conosciuto, a volte, l’Abisso. In Europa, questa “somiglianza” ha fatto sì che russi e tedeschi si siano attratti e odiati così spesso, e profondamente, soprattutto nel Novecento.
C’è però una sostanziale differenza: la cultura germanica, a causa anche della sua ramificazione nel Centro Europa, ha conosciuto, soprattutto in Austria, la Crisi del linguaggio ed è riuscita a mostrare l’impossibilità ormai di raccontare il mondo.
Ma non va dimenticato che l’abbandono della fiducia nella possibilità del raggiungimento del Sublime, si deve soprattutto alla Psicoanalisi e ad alcuni scrittori e pensatori di provenienza ebraica (primo tra tutti Franz Kafka): purtroppo un certo “antisemitismo culturale” ha origine proprio da questo risentimento verso coloro che, dopo secoli passati in stretto dialogo con Dio, hanno iniziato a perdere la fiducia nel Sublime.
I russi, invece, rimanendo per tante ragioni isolati (anche rispetto a culture europee più disincantate come quella inglese e francese, empiriche e illuministe, o allegramente spezzettate, come quella italiana o spagnola, dopo l’ubriacatura umanocentrica del Rinascimento), hanno continuato a credere nel Sublime e nella possibilità di raggiungerlo.
Si sono addirittura impegnate nell’impresa disperata, non avendone le basi economiche e culturali, di realizzare l’utopia comunista. Ma questo spiega perché laggiù la rivoluzione comunista abbia attecchito e, purtroppo, sia degenerata nella violenza e nell’orrore.
Tendendo al Sublime, e conoscendo di conseguenza l’Abisso (il Sublime non è pane per noi umani, così come non può esserlo il dominio assoluto della Scienza e della Ragione), i russi e i tedeschi hanno conosciuto meglio il Diavolo: colui che si presenta quando il Sublime va in frantumi.
Il mito di Faust e Mefistofele (a parte la trattazione iniziale, suggestiva ma poco profonda, fatta da Christopher Marlowe con The Tragical History of Doctor Faustus, nel 1590) viene perfettamente tematizzato e raccontato da Goethe nel Faust, al quale si dedicò per sessant’anni, dal 1772 al 1831. Quel mito funzionò anche in Russia: loro erano adatti, per affine sensibilità, ad accoglierlo.
Grandioso e paradossale è invece il demonismo di Michail A. Bulgakov, ma, in buona sostanza, che cos’era andato a fare, ne Il maestro e Margherita, Woland a Mosca, se non a smascherare il Male, invece di produrlo? Se non per dimostrare che il Male è la grettezza, la stupidità dell’uomo? Se non per dire indirettamente ai governanti sovietici che il Nuovo Uomo (sovietico) è antico, non è cambiato, che l’uomo è e resterà gretto nonostante i regimi politici?
La trama del romanzo
Composito affresco costituito da numerosi episodi tra loro variamente interconnessi, il romanzo si svolge su due principali piani narrativi paralleli, ai quali corrispondono due differenti ambientazioni storico-geografiche.
La prima di queste è la Mosca degli anni trenta, in cui si trova in visita Satana nei panni di Woland un misterioso professore straniero, esperto di magia nera, attorniato da una cricca di personaggi alquanto particolari: il valletto Korov’ev soprannominato Fagotto un ex-maestro di cappella sempre vestito con abiti grotteschi, il gatto Behemoth, il sicario Azazello, il pallido Abadonna, con il suo sguardo mortale, e la strega Hella.
L’arrivo del gruppo porta scompiglio non solo fra i membri di un’importante associazione letteraria sovietica, la MASSOLIT, che ha sede presso la Casa Griboedov, luogo di convegno dell’alta società moscovita, ma in tutta Mosca.
La seconda storia, che si sviluppa nel corso dell’intero romanzo interrompendo la narrazione principale sui fatti di Mosca, rievoca gli avvenimenti accaduti a Gerusalemme durante il periodo pasquale al tempo del procuratore romano Pomzio Pilato.
L’inizio del romanzo si svolge agli Stagni del Patriarca di Mosca e presenta un diretto confronto tra il presidente della MASSOLIT, Michail Aleksandrovic Berlioz e un gentiluomo forestiero di nome Woland, che asserisce di essere esperto di magia nera.
L’ambientazione è di fatto introdotta quando Woland racconta a Berlioz di essere stato presente al processo al “mite predicatore” Jeshua Ha-Nozri (Gesù), mentre poi questa storia prosegue riportando direttamente alcune pagine del perduto romanzo del Maestro, che si soffermano su ciò che accadde a Pilato durante il processo e nei giorni successivi la morte di Ha-Nozri. Sin dall’inizio Pilato viene colpito dall’atteggiamento e dai discorsi di Yesua, che si dice convinto della bontà di ogni essere umano e sostiene che Dio è uno.
La storia prosegue con altre intromissioni nella narrazione, passando per la crocifissione, il patimento di Levi Matteo, che giunge a maledire Dio per una tale ingiustizia, e infine i tormenti di Ponzio Pilato, concludendosi con le parole: «il crudele quinto procuratore della Giudea, il cavaliere Ponzio Pilato».
Testimone dell’incontro è il giovane poeta Ivan Nikolaevič Ponyrëv detto Bezdomnyj (che in russo significa “senza casa”). La discussione verte intorno a questioni storico-filosofiche riguardanti l’esistenza di Dio e la storicità di Gesù, Woland cerca di convincere i suoi atei e scettici interlocutori che Gesù è esistito davvero, affermando di avere assistito di persona al suo processo a Gerusalemme, di essere stato anche ospite a colazione da Kant e dicendo persino di sapere come e quando morirà Berlioz.
Ritenendo di essersi imbattuto in un folle, o peggio in una spia straniera, Berlioz si allontana per chiedere aiuto. Il letterato esce dal parco ignorando i discorsi di un vagabondo un po’ insolente (Korov’ev), ma, giunto al cancello, trova la morte esattamente come previsto da Woland. Questi tragici eventi si svolgono sotto gli occhi di uno sconvolto e disperato Ivan, che tenterà di far catturare la banda e di informare tutti dei loro poteri magici, mentre invece sarà internato in un manicomio, poiché ritenuto malato di schizofrenia.
Nella sua stanza dell’ospedale psichiatrico Ivan riceve la visita di un altro paziente, uno scrittore condotto alla disperazione dal rifiuto dimostrato dalla casta dei critici letterari sovietici nei confronti del suo romanzo su Ponzio Pilato. Il visitatore dice di essere un Maestro e di non avere più un nome.
Raccontando la sua storia, il Maestro rievoca la sua personale discesa verso la pazzia, ricordando come l’amore l’avesse folgorato improvvisamente un giorno di primavera, gli incontri segreti nel suo seminterrato con lei che era una donna sposata, la stesura finale del romanzo, le stroncature della critica che lo accusarono di voler «introdurre nella stampa un’apologia di Gesù Cristo», gli incubi notturni, e infine la decisione di dare alle fiamme la sua opera.
Egli ora vive così in ospedale in uno stato di totale lontananza dal mondo reale; ascoltando l’inverosimile racconto di Ivan e, sorpreso dal sentire il nome di Ponzio Pilato, svela al poeta che il professor Woland è proprio Satana.
Nel frattempo Woland e la sua banda hanno preso possesso con l’inganno dell’appartamento di Berlioz, mentre l’altro inquilino della casa, Stepan Bogdanovič Lichodeev, il direttore del Teatro di Varietà di Mosca, dopo aver scritturato Woland per uno spettacolo di magia nera viene spedito istantaneamente con un incantesimo di Azazello a Yalta sul Mar Nero.
Il seguente spettacolo di magia nera al Teatro di Varietà è un avvenimento sconvolgente che mette a nudo la vanità, l’avidità e la crudeltà dei cittadini di Mosca.
Nella seconda parte del romanzo appare finalmente Margherita Nikolaevna, l’amante che il Maestro ha abbandonato dopo una relazione segreta durata mesi. La bella e infelice donna, pur ignorandone la sorte, non ha rinunciato a ritrovare il suo amante.
Il mattino dopo gli eventi al teatro di Varietà, Margherita si ridesta dopo un insolito sogno che le fa credere che presto rivedrà il suo amato; uscita di casa senza una meta precisa, assiste nei pressi del muro del Cremlino al passaggio del corteo funebre di Berlioz e viene avvicinata da un bizzarro sconosciuto, che altri non è che Azazello.
Lo sconosciuto sembra che riesca a leggere i pensieri di Margherita e ha un “affare” da proporre alla donna: un invito per la sera stessa a casa di uno straniero (Woland), dove la donna potrebbe finalmente sapere qualcosa del suo amato Maestro. Margherita, scossa ma piena di speranza, accetta, ricevendo da Azazello una crema che dovrà passare su tutto il corpo prima di recarsi all’incontro.
La crema ha un effetto miracoloso: Margherita, in un attimo ancor più bella e ringiovanita, spicca il volo come una strega, invisibile a cavallo di una scopa, sulle strade e sui tetti di una Mosca illuminata dalla luna piena.
Il suo primo obiettivo sarà l’abitazione del feroce critico Latunski, principale responsabile della sfortuna del Maestro. Arrivata in volo a destinazione la strega mette a soqquadro la casa e procede inesorabile nell’opera di devastazione, interrotta solo nel momento in cui si accorge che in un altro appartamento c’è un bimbo solo e impaurito nel suo lettino che chiede aiuto.
Dopo questa pausa di tenerezza Margherita “rientra” da strega nel mondo della notte e vola nuda al di sopra delle fitte foreste e sui fiumi della Madre Russia.
Ritornata infine a Mosca, alla casa occupata da Woland, Margherita accetta la proposta di Fagotto di essere la “regina” del gran ballo del plenilunio di primavera, o “ballo dei cento re”, che si tiene la notte che coincide con il Venerdì Santo.
Al fianco di Woland accoglie tutti i personaggi tetri e oscuri della storia che escono dalla porta aperta dell’ Inferno. Margherita sopravvive a questa straordinaria prova senza cedere e si guadagna così, col dolore e l’integrità, la possibilità che il diavolo esaudisca il suo più profondo desiderio: ritrovare il Maestro. Egli appare nella stanza e riceve il manoscritto del romanzo, ritornato integro dopo che era stato dato alle fiamme. I due amanti, poveri ma felici, potranno così tornare nello scantinato in cui hanno vissuto la loro storia d’amore.
Nel finale del romanzo tornano in scena anche i personaggi della “storia antica” che si fonde così con la storia attuale: Levi Matteo riferisce a Woland che Jeshua ha letto il romanzo del Maestro e desidera che lo scrittore riceva la “ricompensa del riposo”: «non ha meritato la luce, ha meritato la pace». Questo incarico passa da Woland ad Azazello che offre agli amanti dell’antico vino Falerno, uccidendo i due e al tempo stesso rendendoli immortali.
Woland e i suoi accoliti, tornati tutti al loro vero aspetto, si allontanano in volo da Mosca, la mattina della Domenica di Pasqua, e accompagnano i due amanti in un luogo remoto ove si trova una figura solitaria, l’antico procuratore della Giudea (insieme al suo cane), che da millenni si tormenta per aver condannato ingiustamente Jeshua, quando invece avrebbe avuto la possibilità di ascoltare le sue parole di saggezza.
Il Maestro chiede e ottiene che Pilato sia finalmente liberato dal suo tormento e infine i due amanti vengono lasciati insieme in un “eterno rifugio”, dove trovano la serenità.
A Bulgakov, peraltro, non sembrano interessare le conquiste della rivoluzione: il periodo in cui si svolge l’azione è la fine degli anni ’20, alla fine della cosiddetta NEP, o nuova politica economica, e l’inizio del periodo dei piani quinquennali, con relativa industrializzazione intensiva e forzata dell’Unione sovietica. Tutto questo non interessa allo scrittore in disaccordo con l’ideologia ufficiale: gli sta piuttosto a cuore la reazione della gente a tutto quanto succede.
Gli “strati filosofici” del romanzo sono molteplici: c’è la filosofia (o utopia) di Yeshua, secondo la quale tutti gli uomini sono buoni (anche i soldati feroci come Marco Ammazzatopi, anche Giuda Iscariota, che l’ha tradito) e che verrà un tempo in cui non ci saranno più né Cesari né il potere, in cui tutti gli uomini saranno liberi; c’è l’ideologia di Woland, secondo il quale non ci può essere il bene senza il male.
C’è l’ideologia del Maestro, secondo il quale il poeta, lo scrittore hanno diritto di esprimere liberamente i loro sentimenti e le loro fantasie.
E c’è l’ideologia di Margherita, secondo la quale ciò che conta, ciò che è vero nella vita e nella morte è l’amore e solo l’amore.
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Il Diavolo, dunque, abita a Mosca ?
Non lo sappiamo, ma, di certo, dopo quello dantesco, l’Inferno che meglio abbiamo conosciuto lo dobbiamo ai racconti di Boris Pasternak, di Aleksandr Isaevič Solženicyn, di Ėduard Limonov, di Irina Denezhkina e di tanti altri intellettuali dissidenti di ieri e di oggi.
Papa Francesco si accinge ora – tra cospicue polemiche di molti non credenti che finora lo avevano iscritto d’ufficio nelle proprie fila – a consacrare la Russia e l’ Ucraina alla Madonna, adempiendo così ad uno dei desideri espressi dalla Vergine e contenuti nei cosiddetti “segreti di Fatima” rivelati alle tre giovanissime veggenti portoghesi il 13 maggio 1917.
Tale gesto assume il valore di un moderno ed epocale esorcismo nei confronti di un regime che ha ormai perduto il legame con il popolo russo la cui intensa spiritualità non ha mai avuto cedimenti perfino nel corso dell’ “ateismo di stato” durante l’ URSS e che lo stesso Putin ora utilizza in forma strumentale al punto da essere diventato il cattivo maestro di tanti esponenti politici europei ed italiani.
Sarà la Grande Pasqua Russa, musicata da Nicholaj Andreevic Rimskij-Korsacov nel 1888, https://www.youtube.com/watch?v=pC3PWII91Fw il momento della svolta per un Paese che merita molto di più di Stalin ieri e di Putin oggi ?
Ne scriverò presto commentando il romanzo “Resurrezione” di Lev Nikolàevič Tolstòj, l’opera del 1899 in cui la spiritualità russa, la colpa, il castigo e il perdono restituiscono la vera identità ad un grande e generoso popolo, vittima secolare di troppi carnefici.